Sharing che cambia

La mobilità condivisa alla ricerca di un modello sostenibile

Modello sostenibile di mobilità condivisa

Fusioni, acquisizioni, qualche fallimento e un paio di ritirate strategiche. Per gli operatori della mobilità condivisa sembra arrivato il momento di una svolta. Dopo anni di sperimentazione, studio e comprensione delle dinamiche di un mercato tutto nuovo, aziende, cittadini e amministrazioni comunali hanno tratto le loro conclusioni. Qualche volta discordanti.

Le amministrazioni pubbliche mettono ordine

Parigi, come noto, ha messo al bando i monopattini dal settembre 2023: la decisione è stata presa mediante referendum, con il coinvolgimento diretto dei cittadini utenti. Molte città, tra cui Roma e Milano, al rinnovo delle procedure di gara hanno inserito nuovi requisiti in tema di sicurezza, sostenibilità e ordine pubblico.

Anche la limitazione delle aree di parcheggio è una scelta frequente nelle città europee. E il numero degli operatori autorizzati diminuisce, mettendo un freno al proliferare di brand di appena una manciata di anni fa.

Danni e perdite

Resta il problema, importante, della redditività. Dei sei operatori di scooter sharing attivi a Milano nel 2019, oggi ne resta uno solo. I mezzi condivisi vengono spesso trattati con incuria, se non volontariamente vandalizzati. La sporcizia scoraggia i clienti migliori, che possono permettersi delle alternative. E rende più complesso un posizionamento con mezzi e servizi “di fascia alta”.

La micromobilità si confronta con mezzi ridotti a pezzi, oppure gettati in corsi d’acqua, come nel caso dei Navigli milanesi. A questi danni si sommano le frequenti multe, anche per rimozione, a seguito del parcheggio selvaggio degli utenti.

Alcuni operatori, come già detto per gli scooter meneghini, hanno abbandonato il mercato. La francese Zity ha lasciato Parigi appena qualche mese fa. Altri hanno rivisto al rialzo la tariffa, oppure hanno introdotto una quota di iscrizione: l’obiettivo potrebbe essere una maggiore selezione dell’utenza, puntando su un segmento più altospendente e, auspicabilmente, disciplinato.

Fusioni e acquisizioni

Intanto, sono partite le operazioni di acquisizione o di fusione. A gennaio 2024 è stato firmato un accordo per unire TIER e Dott. Le due realtà, i cui brand resteranno autonomi, diventeranno un big presente in 20 Paesi e in diverse città di Europa e Medio Oriente.

Mentre Share Now ha avviato a settembre 2023 il co-branding con Free2Move, azienda del Gruppo Stellantis che l’ha acquisita già nel 2022.

Perché unire le forze

Le occasioni sul mercato non mancheranno. Molte start up della micromobilità, le cui quotazioni sono schizzate alle stelle quando i tassi di interesse erano a zero e la liquidità abbondava, si confrontano con i conti in rosso e potenziali investitori più selettivi.

Acquisire un concorrente permette di unire le forze, allargare la base utenti, in alcuni casi anche il bacino di città in cui si è presenti.

Un’esperienza utente coerente

Non è un aspetto banale, quello della presenza territoriale. In Italia, il 61% dei capoluoghi di provincia ha un qualche tipo di servizio di mobilità condivisa. Anche altri Comuni rilevanti, magari a forte vocazione turistica, hanno avviato iniziative di questo genere.

Il rischio è, però, di “frammentare” l’offerta. La presenza di diversi brand, oppure di iniziative locali, limita l’accesso al servizio a chi proviene da altre zone del mondo e si trova in un Comune per turismo o per lavoro.

Come insegna l’esperienza (comunque in rosso) di Uber, la possibilità di accedere al medesimo servizio, con la stessa user experience, in diversi Paesi fa la differenza.

Differenziare

Allearsi con altri player può essere un modo per risultare più utili ai clienti, diventando un brand di riferimento nella sua vita quotidiana o durante i viaggi. Permettendogli di noleggiare non solo i propri mezzi, ma anche quelli di terzi, nelle città in cui il servizio non è direttamente è presente.

Oppure di accedere a servizi complementari, come la prenotazione di treni, l’accesso a servizi di deposito bagagli, la prenotazione di ristoranti, solo per fare qualche esempio. Estendere l’idea di “mobilità” allargandosi a diverse fasi dei “journey” del cliente potrebbe essere un modo per differenziare i ricavi e rendere più sostenibile il modello.

Per crescere, però, potrebbero servire altri round di finanziamento: e per chiuderli con successo, ci vorranno idee chiare e un business model coerente.

 

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di marzo 2024 di Energia&Mercato

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